venerdì

La seconda volta (4 gennaio 2010)

Ci fu nel lontano 1980, o 1981, un secondo episodio indelebile che mi fece capire che, per certi apetti, la mia vita era "con il freno a mano tirato".

A casa del mio compagno di scuola media Alessandro. Pomeriggio passato a parlare di tante cose, poi alla fine, ehi, senti che bomba questo chitarrista.
Disco 45 giri messo fulmineamente sul piatto (allora i CD non esistevano, non parliamo degli mp3) e vai con la musica ritmata che esce dall'altoparlante.
Passa un po', e molto ingenuamente chiedo: Ok, e questa chitarra fenomenale quando arriva?
Silenzio perplesso, il disco è arrivato praticamente alla fine.
Praticamente la chitarra era stata presente tutto il tempo, e io non ero riuscito a coglierla, con tutta la più buona volontà.
Ma a prescindere da questo, che suono aveva una chitarra? Come distinguerla dalla massa degli altri suoni? Come fare a capire che "quella" è la chitarra e "quell'altro" un altro strumento? E quando sono presenti in contemporanea come la mettiamo, come si distingue un suono da un altro? E quanti strumenti c'erano? E quello che si sente più forte è l'uno o l'altro?
Troppe domande, troppo pochi punti di riferimento.

Ecco, tutto questo per me significò che ero capace sentire solo alcune cose, e forse, nemmeno le più importanti.
E, in ogni caso, avere una visione molto frammentaria della realtà sonora che ti circonda significa avere una visione parimenti frammentaria della realtà tout court.
Episodio sciocco? Certamente, ma cominciai lì, a capire che davanti a me stava una montagna durissima da scalare.


(Era una canzone di Jimi Hendrix, il titolo purtroppo non lo ricordo. Però il personaggio mi ha sempre affascinato. Negli anni successivi ho capito che suono abbia la chitarra elettrica. Qualche amico di buona volontà me l'ha prestata e l'ho strimpellata in silenzio, alla fine ho capito quele è il suo suono. Ma se la sentissi casualmente, sono sicuro che non saprei riconoscerla, adesso, come allora )

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